Lontano dai Pasti

Lontano Dai Pasti

Arianna Salatino


Louis C.K. una volta ha detto “il pranzo non termina quando sono pieno: il pranzo termina quando mi odio”. Capite bene che l’ultima cosa con cui ha a che fare il desiderio di cibo, è la fame…


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Alla fine, il cibo è come il sesso, «che è più eccitante quando non si fa, perché continua a incendiarti la fantasia». E diventa l’unica cosa che ti occupa la testa, soprattutto se sei una che non è riuscita a fare pace con se stessa e con gli altri e soffri di quella che viene chiamata food addiction, cioè sei dipendente dal cibo, proprio come altri sono dipendenti da droghe, alcol, gioco d’azzardo… Food addiction o, più correttamente, binge eating disorder, termine equivalente al binge watching disorder, «quella cosa per cui restiamo incollati giorno e notte davanti alle serie tv», spiega la protagonista di “Lontano dai pasti. La mia vita sulla bilance e altre disgrazie”, romanzo breve di Arianna Salatino. Arianna Salatino è un’esperta di cinema ed ha pubblicato vari saggi sul tema. Questo è il suo primo romanzo e colpisce come sappia raccontare una storia drammatica, con un linguaggio ironico e pungente, mai fuori misura. La protagonista racconta la propria vita “vista” attraverso il cibo, basandosi su una convinzione: già quando si nutre al seno materno, il bambino si accorge «che l’assunzione di cibo gli procura una felicità non riducibile alla mera soddisfazione alimentare: lì nasce il piacere sessuale». Per questo nel cibo finiscono con l’impelagarsi le rabbie, le solitudini, le insicurezze, le voglie di riscatto. Tutto ciò che avviene lontano dai pasti, ma che la voglia di felicità riversa nel cibo, che però non ha questa capacità di rispondere al desiderio. «Non sono portata per la felicità», dice la protagonista, raccontando quella volta che mangi una cosa che ti fa schifo, per evitare quella che credi possa essere una brutta figura. Quella volta che sul cibo hai misurato la tua INTERNO_LontanoDaiPasti.qxp_Layout 1 07/07/21 10:49 Pagina 82 83 diversità dalle compagne di scuola e il tuo disagio a stare con loro. Quella volta che prendendo le distanze dal cibo hai preso le distanze dalla tua identità familiare. Quella volta che hai usato il cibo per ricattare i tuoi genitori. Tutte le volte che ti sei strafogata, sperando di sentirti meglio – ed era inutile. Tutte le volte che hai dovuto privarti del cibo per rientrare nel peso e sostenere un match fondamentale. Già, perché la protagonista del libro è una campionessa di boxe e le bastano pochi etti in più per essere esclusa dal ring. Lo sport e la necessità di tenersi in forma diventano complici e nello stesso metafora di questo percorso nella food addiction: «indipendentemente dal risultato di una gara, avevo bisogno che si riproducesse sempre lo stesso schema: sacrificio, superamento della prova, ricompensa», spiega la protagonista. In fondo, la sua vita è tutta un ring, un’area da combattimento su cui si alternano situazioni, fantasmi, fantasie da riportare sotto controllo. E se la tua vita è un ring, inevitabilmente il cibo – e con lui la dieta – diventa l’unica cosa che ti occupa la testa. Lontano dai pasti e durante.

Paola Springhetti